Marco Paglietta, 47 anni, entra in ReeR a gennaio 2016 come responsabile marketing e export area manager. Il suo impegno e dedizione lo portano a crescere per farlo diventare, circa tre anni fa, responsabile dello sviluppo mercati esteri e del marketing a livello globale.
Da quali esperienze sei arrivato in ReeR e perché hai scelto di lavorare per questa azienda?
Sono arrivato in ReeR forte di un’esperienza in un’azienda anch’essa attiva nel campo della produzione industriale. ReeR è un nome molto noto nel settore e quindi ho deciso di abbracciare una nuova sfida, per un’azienda che sapevo avere forti ambizioni a livello internazionale. Nel corso di questi sette anni il mio ruolo si è via via focalizzato non tanto sul consolidamento dei mercati già acquisiti quanto sullo sviluppo del business in nuovi Paesi.
Come si articola il tuo team di lavoro?
Per quanto riguarda il marketing, sono affiancato da un responsabile marketing, da una digital marketing executive impegnata sui canali digital e social, e da un technical marketing manager che si occupa di contenuti di prodotto e del nostro portale Web. Per quanto riguarda le attività di sviluppo business sui mercati esteri coordino due export area manager ed un export manager. Siamo tutti impegnati su più fronti sia per come si è evoluta la nostra struttura sia perché ritengo che sia bene che nessuno si ritrovi isolato su un unico progetto. A ciascun area manager, ad esempio, vengono assegnati clienti di ogni caratura, dai più importanti a quelli più piccoli e a quelli potenziali per consentire di interagire a più livelli senza perdere di vista comunque le attività di new business development, che per noi restano fondamentali.
In quali Paesi siete oggi presenti con una presenza diretta e in quali invece tramite distributori?
Con nostre filiali siamo in Cina, Corea, Stati Uniti e Spagna. Ad aprile abbiamo aperto anche in India. Negli altri Paesi siamo operiamo con l’ausilio di distributori, che in genere sono con noi da diversi anni. Si tratta di distributori specializzati nel settore dei dispositivi di sicurezza per l’automazione industriale. Questo è dovuto al fatto che i nostri prodotti sono molto tecnici e, dunque, occorrono le giuste competenze non solo per spiegarli e proporli in modo corretto ma anche per riuscire a individuare i potenziali clienti.
La vostra presenza diretta all’estero è rappresentata sempre da una filiale commerciale oppure avete anche stabilimenti produttivi?
Siamo presenti all’estero solo con filiali commerciali, perché ReeR per scelta produce solo in Italia. Teniamo molto a ingegnerizzare, sviluppare e produrre nel nostro Paese. In futuro potrebbe essere ipotizzabile l’assemblaggio in loco in alcuni mercati strategici ma al momento non ci sono piani concreti in proposito. ReeR vuole espandersi all’estero ma fra i nostri principi più saldi c’è sicuramente quello di mantenere la produzione in Italia.
Approssimativamente quanti clienti avete all’estero e, in termini di fatturato, che peso hanno sul business totale di ReeR?
Il nostro mercato internazionale si avvale di oltre 50 distributori in diversi Paesi. Assumendo una media di circa un centinaio di clienti a distributore, direi che potremmo ipotizzare per difetto almeno 5.000 clienti esteri, che rappresentano grosso modo la metà del fatturato totale di ReeR.
Quante trasferte fai all’estero ogni anno e dove nell’ultimo periodo ti rechi più spesso?
Compio circa una quindicina di trasferte all’anno della durata di 7-10 giorni. In genere una al mese per incontrare i nostri distributori, più tre per seguire le fiere internazionali. In questo momento mi reco con più frequenza nel sud-est asiatico e nell’area del Pacifico, ma anche in Sud Africa e in Brasile, dove abbiamo in corso nuovi progetti. Nei paesi emergenti, oltre a incontrare i distributori già acquisiti, cerco sempre di dedicare tempo per meeting con nuovi potenziali partner commerciali.
Come si approccia un mercato estero per la prima volta?
Occorre fare una distinzione fra le attività di esportazione e internazionalizzazione. Nel primo caso, ed è in genere ciò che fanno le PMI, il tutto è abbastanza semplice: appoggiandosi a un distributore locale, si esporta merce. Internazionalizzare è, invece, molto più complesso. Innanzitutto è fondamentale conoscere il mercato locale, saperne valutare le potenzialità, conoscere la concorrenza presente, capire a quale quota sia possibile puntare e come sviluppare le strategie che permettano di raggiungere gli obiettivi prefissati. Per riuscire ad aprire una filiale estera, occorre innanzitutto sviluppare un business che convinca l’azienda ad aumentare gli investimenti in quel paese. È necessario poi saper ascoltare il mercato in cui si approda, leggerne le dinamiche e tenere un approccio flessibile: non si tratta di replicare ciò che si è fatto in precedenza in altri paesi ma di sapersi inserire valorizzando le specificità del paese. E occorre incontrare tantissime persone, stringere relazioni, cogliere le occasioni: opportunità che possono arrivare da chiunque, anche da un piccolo distributore. Non di meno, occorre saper valorizzare le sinergie che possono crearsi fra mercati e le esperienze pregresse. Non ultimo, è importante tener presente che a volte una strategia di successo non è quella di voler essere presenti ovunque ma seguire al meglio e con più risorse i mercati caratterizzati dalle maggiori potenzialità di crescita.
Quando si comprende che la presenza estera tramite distributore non è più sufficiente a sostenere il business e occorre invece una presenza diretta?
Non è semplice. Un indicatore, in linea generale, potrebbe essere rappresentato da una stagnazione del fatturato. Se vedi che negli ultimi 3-5 anni non c’è stata crescita in quel Paese, è giusto porsi delle domande, in particolar modo se vedi che il mercato locale sta crescendo e tu no. Allora potrebbe essere il caso di seguire il paese più da vicino, con una presenza diretta. Ma potrebbero esserci anche casi in cui stai crescendo e tuttavia cresci a un tasso non in linea con le potenzialità che quel mercato offre. Comprendere quali obiettivi sono effettivamente raggiungibili ci dà la misura delle nostre performance. Partendo da una base di dati di questo tipo, si può decidere cosa fare: se cambiare distributore, affiancarne altri oppure aprire un ufficio commerciale.
Quando aprite una filiale continuate ad avvalervi dei distributori locali?
Sì, perché la nostra è una presenza a supporto dei distributori, non in loro sostituzione. Ed è questa una scelta sia strategica – perché laddove arriviamo con le filiali anche i distributori aumentano il proprio volume d’affari – sia etica. L’apertura di una filiale valorizza e consolida il lavoro fatto in precedenza dai nostri distributori. Ed è un lavoro di cui ReeR è sempre riconoscente. Le filiali offrono supporto commerciale e tecnico con la propria presenza sul territorio ai propri distributori.
Che grado di autonomia hanno le filiali estere e che tipo di input viene fornito dall’Italia?
Per quanto riguarda il rapporto con i clienti, l’autonomia è totale. Il coinvolgimento della sede italiana può avvenire in taluni casi, ad esempi su questioni di pricing: capita, magari per consentire di acquisire un importante cliente, che si debbano rivedere i margini su alcuni prodotti e questo, naturalmente, coinvolge la sede italiana. C’è poi un affiancamento per quanto riguarda questioni prettamente tecniche. Ma il supporto dall’Italia coinvolge e coinvolgerà sempre più anche l’ufficio marketing che indica le linee guida per la comunicazione e le varie attività di marketing.
Quali sono attualmente i vostri mercati esteri più importanti?
In Europa sono quelli di Spagna, Germania, Repubblica Ceca, Olanda, Turchia e Svezia. In Nord-America sicuramente Stati Uniti, mentre nel Sud America è il Brasile a farla da padrone. Siamo convinti che anche gli altri mercati sud-americani possano avere un ottimo potenziale ed è per questo che abbiamo un area manager dedicato. C’è poi, naturalmente, l’area asiatica con Cina, Corea del Sud, Giappone e India.
È possibile creare integrazione nelle varie attività sui singoli mercati?
Abbiamo alcuni progetti in divenire. Uno dei più importanti in ottica di integrazione è quello che prevede l’adozione della nostra piattaforma CRM anche da parte delle nostre filiali estere. In questo modo si potranno condividere le metodologie di lavoro e consentire la circolazione delle informazioni sui clienti. L’utilizzo di un unico CRM contribuirà senz’altro alla nostra crescita all’estero.
Quali sono oggi le direttrici di espansione estera di ReeR?
Al momento la nostra strategia è quella di incrementare ulteriormente il supporto ai nostri partner commerciali sia in Europa sia nel resto del mondo. Continueremo a valutare con interesse l’espansione nei mercati emergenti. In genere seguiamo linee strategiche precise e sempre ben ponderate nelle nostre scelte di internazionalizzazione delle attività, ciò non toglie che siamo in grado di cogliere ogni opportunità che si presenti. Quando incontriamo professionisti meritevoli di fiducia e che dimostrano di poter sviluppare un business, siamo pronti a investire. Così, ad esempio, è accaduto in Spagna e Corea e ne siamo davvero molto soddisfatti.
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